Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 9 Marzo 2004

Sentenza 18 ottobre 1993

Corte d’Appello Penale di Firenze. Sentenza 18 ottobre 1993.

(Soresina, Est. Gironi)

(omissis)

Motivi della decisione

Avverso la sentenza di cui in epigrafe, la quale ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti del Cardinali argomentando che l’espressione “Madonna trogolona” era chiaramente riferita alla nota rock-star mentre il sarcasmo rivolto al sommo pontefice non sembrava esorbitare “dal corrente e ormai notorio registro di umorismo” del periodo in questione, il p.m. ha proposto ritualmente appello sollecitando il rinvio a giudizio dell’imputato in ordine a tutti i reati ascrittigli.

A sostegno del gravame l’appellante deduce che il delitto di vilipendio della religione richiede il semplice dolo generico, integrato dalla “volontà di commettere il fatto nella consapevolezza della sua idoneità a vilipendere”, a nulla rilevando lo scopo satirico che animi l’agente ed essendo, nella specie, palese l’idoneità offensiva delle “vignette” incriminate, tali da vilipendere la persona del sommo pontefice, “che viene mostrato al pubblico in atteggiamento osceno e a cui vengono attribuiti appetiti sessuali tali da offendere non solo la persona del santo padre ma anche quella di tutti i cattolici, che vedono in lui il rappresentante di Cristo in terra.

(omissis)

Necessaria premessa di ogni valutazione è quella secondo cui in un ordinamento ispirato, nella disciplina dei rapporti civili, ai principi della tradizione liberal-democratica e, nella specifica materia della libertà religiosa, a principi di laicismo implicanti la tutela di ogni professione di fede ma anche di ogni opzione e propaganda agnostiche ed aconfessionali (v. artt. 19 e 21 Cost.), neppure i fatti, i simboli, le cose e le persone pertinenti alla religione possono ritenersi immuni dall’esercizio del diritto di critica e da quello di satira, che costituisce estrinsecazione tipica ed essenziale della libertà di manifestazione del pensiero: il carattere sacrale da taluni o da molti attribuito a quei fatti, a quei simboli, a quelle cose e persone non vale, in altri termini, a privare gli altri soggetti diversamente orientati (scettici, agnostici, miscredenti, atei) della facoltà di maturare ed esprimere diversi giudizi di valore, anche ricorrendo alle armi dell’umorismo e dell’ironia. L’unico limite frapposto dalla legge penale alla libera manifestazione del pensiero anche in campo religioso è quello del vilipendio, da intendersi, nell’accezione comune e, altres’, in quella tecnico-giuridica, come ostentazione di disprezzo, manifestazione di biasimo, espressione di apprezzamenti moralmente negativi ed implicanti disdegno e disistima generalizzati, alla stregua di canoni assiologici universali o, comunque, non circoscritti a determinate dottrine o ideologie.

Nulla di tutto ciò è dato ravvisare nelle intenzionalmente grossolane (in chiave con lo spirito complessivo della pubblicazione) ma sostanzialmente innocue e bonarie vignette incriminate, la cui “traduzione in prosa” può rendersi nel modo che segue: il santo padre, appreso della pubblicazione di un libro che egli ritiene ispirato alla Madonna (ma in realtà dedicato all’omonima rock-star), insiste per averne una copia e, una volta ottenutala, trasecola nel consultarla finendo per mostrarsene frastornato e favorevolmente impressionato tanto da (ecco la trovata conclusiva di sapore satirico) richiedere due copie di un ipotetico, futuro libro su santa Caterina, cui un suo amico vescovo sarebbe devoto.

Nel fumetto, manifestamente ispirato ad un gusto bozzettistico privo di qualsiasi astio o violenza ed incentrato su di un episodio privo di qualsiasi aggancio con la realtà ma frutto di estemporanea creazione di fantasia, l’appellante ravvisa gli estremi del vilipendio per le “espressioni oscene e triviali” attribuite al sommo pontefice, “con chiara allusione… a riprovevoli istinti sessuali” del medesimo. Ma, a ben vedere, l’unica rappresentazione blandamente irriverente del papa è quella che lo ritrae stupefatto e stordito dalla visione del libro dianzi indicato mentre nessun atteggiamento od espressione osceni risultano a lui attribuiti nelle “strisce” in copertina e neppure nel testo a pag. 3, che non contempla affatto il pontefice tra i personaggi del racconto, incentrato su di un dialogo tra Gesù Cristo e S. Pietro in nessun modo implicato dal capo d’imputazione e, dunque, assolutamente estraneo al thema decidendum.

Quanto ai “riprovevoli istinti sessuali”, ed a prescindere dalla soggettività del giudizio di valore espresso dall’appellante in relazione ad una pulsione naturale dell’uomo facente parte, anche secondo la visione cattolica, dell’ordine cosmico instaurato dal creatore, essi consisterebbero nel compiacimento implicitamente manifestato dal papa del fumetto con il mostrarsi interessato e gratificato dalla visione della pubblicazione. Ma nulla di lubrico o morboso, e – dunque – di moralmente insano o riprovevole, è dato desumere da tale ingenua rappresentazione caricaturale, se si eccettua la rimozione, dal personaggio rappresentato, di quell’aureola sacrale e quasi sovrumana attribuita al pontefice da chi professa la religione cattolica ma liberamente confutabile e denegabile da parte di chiunque altro. Il vilipendio non può, peraltro, consistere nella mera mancata condivisione di tale sacralità, occorrendo che esso si sostanzi in un’ostentazione di disprezzo, in un apprezzamento gravemente contumelioso che additi il destinatario al dileggio ed allo scherno in sé e per i valori che esso rappresenta, ma tutto ciò non è dato ravvisare in un’innocua esercitazione di contingente satira fondata sugli antichi artifici dell’equivoco e dello scambio di persone, il cui reale, malevolo obiettivo non sono, a ben vedere, i simboli, le figure o le autorità della religione cattolica ma, semmai, la rock-star Madonna, cui unicamente si attribuiscono depravazione di costumi e bassi principi morali.

Va, da ultimo, considerato che ad integrare il delitto di cui all’art. 403, 2º comma, c.p. non sarebbe neppure sufficiente il semplice vilipendio di un ministro del culto in sé considerato (nella specie, il sommo pontefice, la cui offesa potrebbe teoricamente rilevare ai sensi dell’art. 278 c.p., che formula una previsione incriminatrice al predetto estensibile ex art. 8 l. 27 maggio 1929 n. 810 ma, in concreto, improcedibile per difetto della condizione di procedibilità di cui all’art. 313 c.p.), essendo tal genere di vilipendio dalla norma previsto come il mezzo per la causazione dell’evento del reato, costituito dall’offesa alla religione dello Stato (ora semplicemente religione cattolica, a seguito dell’abolizione della qualificazione di religione dello Stato già spettante alla religione cattolica – v. art. 1 protocollo addizionale alla l. 25 marzo 1985 n. 121, recante modificazioni al concordato del 1929 tra Italia e Santa Sede -, pur permanendo le ragioni di una sua tutela privilegiata quale religione praticata dalla maggioranza del popolo italiano, come affermato da Corte cost. 28 luglio 1988, n. 925, Foro it. Rep. 1988, voce Bestemmia, n. 2, concernente il sindacato di legittimità dell’art. 724 c.p.). Ed offesa alla religione può aversi solo ove siano spregiativamente chiamati in causa i valori etico-spirituali e le credenze fondamentali della religione medesima nel loro complesso od in parti essenziali e qualificanti, il che deve ancora una volta decisamente escludersi nel caso di specie, connotato da espressioni di satira di dubbio gusto ma prive di qualsiasi valenza ideologica e di ogni carica lesiva nei confronti dei capisaldi o dell’intima sostanza della fede cattolica.