Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 26 Febbraio 2004

Sentenza 19 marzo 2002, n.3991

Cassazione Civile. Sezione I. Sentenza 19 marzo 2002 n. 3991.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Antonio SAGGIO – Presidente –
Dott. Giovanni LOSAVIO – Rel. Consigliere –
Dott. Giammarco CAPPUCCIO – Consigliere –
Dott. Walter CELENTANO – Consigliere –
Dott. Francesco Maria FIORETTI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEFEROVIC NUSRET, HRUSTIC DZANJIA, SEFEROVIC ADVJIA, HALILOVIC BEBA, HRUSTIC BESO, HRUSTIC HOPANA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA FRANCESCO ACRI 78, presso l’avvocato MARIA CATERINA MOSCATO, che li rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Lorenzo Ciuccarelli di Fermo rep. n. 98586 del 3.4.2001;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO TRIBUNALE PER I MINORENNI DELLE MARCHE;
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA;
– intimati –
avverso il decreto della Corte d’Appello di ANCONA, Sezione Minori, depositato il 13-02-01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05-12-2001 dal Consigliere Dott. Giovanni LOSAVIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Libertino Alberto RUSSO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Il Tribunale per i minorenni di Ancona, con decreto 21 agosto 2000, in applicazione del disposto di cui all’art. 31, comma 3, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, autorizzava la permanenza nel territorio dello Stato dei genitori dei minori Marco Seferovic e Jasmin Seferovic (Nusret Seferovic e Dzanja Hrustic), Samanto Seferovic e Diamanto Seferovic (Advija Seferovic e Beta Halilovic), Ediu Hrustic (Beso Hrustic e Hopana Hrustic), dei quali era stata disposta la espulsione amministrativa, sul rilievo che tutti i minori erano inseriti in un “progetto di alfabetizzazione e scolarizzazione dei minori rom” avviato dalla Amministrazione comunale di Fermo e la interruzione di tale inserimento – conseguente alla espulsione dei genitori – avrebbe comportato un grave pregiudizio nello sviluppo psicofisico dei bambini. Il Tribunale, autorizzando la permanenza dei genitori, la subordinava a molteplici condizioni e prescrizioni e la determinava temporalmente fino al compimento dell’obbligo scolastico dei minori (iscritti rispettivamente alla seconda, terza e quarta classe elementare e al primo anno della scuola media inferiore).
Su reclamo del Pubblico Ministero, la Corte d’Appello di Ancona – sezione specializzata per i minorenni -, con decreto 13 febbraio 2001, ha revocato l’autorizzazione del Tribunale, rilevando che la norma di cui all’articolo 31, c. 3, d.lgs. 286-1998 non può trovare applicazione con riguardo alla situazione di specie e in funzione di assicurare ai minori il compimento del ciclo scolastico dell’obbligo, giacché essa contempla situazioni di emergenza – essenzialmente contingenti e non tendenzialmente stabili – nelle quali si manifesti un pericolo attuale per il minore e si ponga la connessa necessità della presenza di un familiare per la sua cura.
La Corte di merito così testualmente motivava: “l’autorizzazione di cui all’art. 31, comma 3, non è un permesso o una carta di soggiorno per i genitori o più in genere per i familiari; nè può sostanzialmente fungere – pur con diversità di formula – da loro equivalente, ovvero non può essere disposta come mezzo di regolarizzazione o sanatoria dell’ingresso o della permanenza del familiare – basata sulla sola circostanza che il suo congiunto sia un minore che si trovi in Italia – [… ], con l’evidente rischio di istituzionalizzare, non già la tutela, ma una forma di strumentalizzazione dell’infanzia”. Contro il decreto della Corte d’appello di Ancona hanno proposto ricorso per cassazione Nusret Seferovic e Dzanja Hrustic, Advija Seforovic e Beba Halilovic, Biso Hrustic e Hopana Hrustic, nell’unica censura motivando “violazione ed errata interpretazione dell’art. 31, comma 3, d.lgs 25 luglio 1998, n. 286. Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Ancona non ha inteso contraddire al ricorso.

Diritto

Nell’unico motivo di impugnazione i ricorrenti censurano la decisione per avere la Corte d’appello interpretato restrittivamente il disposto dell’art. 31, comma 3, d.lgs 25 luglio 1998, n. 286, che, nel considerare i “gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico” del minore (il quale si trovi nel territorio italiano), postula la esigenza di assicurare, non necessariamente soltanto le cure mediche richieste dalle condizioni patologiche del minore stesso, ma pure la continuità di eventuali trattamenti di scolarizzazione, di integrazione sociale e in senso ampio educativi, la cui interruzione per certo comporterebbe (come nella specie, secondo le responsabili attestazioni degli insegnanti addetti al progetto di scolarizzazione di bambini rom, attivato dalla Amministrazione comunale di Fermo) un apprezzabile pregiudizio nel processo di sviluppo psicofisico dei bambini che con profitto frequentano quei corsi scolastici.
Il motivo così formulato non può essere condiviso.
Già questa Corte con la recente decisione n. 11624 del 2001, chiamata ad interpretare il disposto dell’art. 31, comma 3, d.lgs.
286-1998, ha giudicato che le esigenze di tutela del minore straniero (tali da comportare la deroga alle disposizioni dello stesso testo unico, con l’autorizzazione – in particolare, come nei casi di specie – alla permanenza nel territorio italiano dei familiari, pur se nei loro confronti sia stata disposta la espulsione) siano correlate esclusivamente alla sussistenza di circostanze contingenti ed eccezionali e non possano essere perciò riconosciute in rapporto a situazioni con carattere di normalità e stabilità.
Condivide il collegio questa lettura della norma in questione.
La espressa statuizione nel senso che l’autorizzazione all’ingresso o alla permanenza del familiare (“anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico”) debba essere dettata “per un periodo di tempo determinato” induce ad escludere, infatti, che essa possa corrispondere alle ordinarie esigenze di scolarizzazione del minore fino al completamento della istruzione obbligatoria. In luogo di una misura contingente che giustifica entro determinati limiti di tempo la deroga alla disciplina dell’immigrazione, l’autorizzazione data per il compimento del normale processo educativo – formativo del minore produrrebbe al contrario il risultato di uno stabile radicamento nel territorio italiano del nucleo familiare di cui il minore stesso fa parte, con la definitiva elusione di quella disciplina, venendosi così in pratica a configurare (come non senza fondamento ipotizza la Corte d’appello) un anomalo modo di legittimare il soggiorno di famiglie di stranieri attraverso “non già la tutela, ma una forma di strumentalizzazione dell’infanzia”.
Infondato essendo l’unico motivo di impugnazione, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M

La Corte rigetta il ricorso.

Roma, 5 dicembre 2001.