Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 26 Febbraio 2004

Sentenza 11 luglio 2001, n.9382

Cassazione civile. Sezioni Unite. Sentenza 11 luglio 2001, n. 9382.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Antonio IANNOTTA – Primo Presidente f.f. –
Dott. Vincenzo BALDASSARRE – Presidente di sezione –
Dott. Francesco AMIRANTE – Presidente di sezione –
Dott. Antonio VELLA – Consigliere –
Dott. Giovanni PAOLINI – Consigliere –
Dott. Ernesto LUPO – Consigliere –
Dott. Francesco SABATINI – Consigliere –
Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI – Consigliere –
Dott. Giulio GRAZIADEI – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BERLOCO COSMO DAMIANO, elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 82, presso lo studio dell’avvocato SEBASTIANO PENNISI, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
ALMO COLLEGIO CAPRANICA, in persona del legale rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VIANELLO, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1971-99 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 21-06-99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22-03-01 dal Consigliere Dott. Giulio GRAZIADEI;
udito l’Avvocato Sebastiano PENNISI, Antonio VIANELLO, Daniela GIACOBBE, dell’Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. Alberto CINQUE che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso, assorbiti gli altri. Dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario.

Fatto

Cosmo Damiano Berloco nel luglio del 1994 ha citato davanti al Tribunale di Roma l’Almo Collegio Capranica, ente ecclesiastico, ed il Ministero dell’interno.
In un precedente giudizio, ha esposto la parte attrice, aveva contestato, quale parente collaterale ed erede legittimo del defunto mons. Antonio Berloco, il testamento con cui questi il 13 maggio 1984 aveva istituito unico erede detto ente, sotto il profilo, fra l’altro, che l’ente medesimo non era riconosciuto e non aveva chiesto il riconoscimento (art. 600 cod. civ.); in tale sede il Collegio Capranica aveva replicato producendo un certificato della sua iscrizione nel registro delle persone giuridiche, ottenuta in base ad attestato del Ministro dell’interno circa il “possesso della personalità giuridica”.
Ciò premesso, ha dedotto che quell’attestato era illegittimo, per violazione dell’art. 15 quinto comma del d.P.R. 13 febbraio 1987 n. 33, ove esige che l’indicato possesso risalga ad epoca anteriore al 7 giugno 1929, ed ha conseguenzialmente denunciato l’invalidità dell’iscrizione, sollecitando un ordine di cancellazione del Collegio Capranica da detto registro.
Si sono costituiti il Collegio Capranica e l’Amministrazione dell’interno. Entrambi hanno sostenuto l’infondatezza della domanda; il primo ha anche dedotto pregiudizialmente il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Il Tribunale di Roma ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.
La Corte d’appello di Roma, respingendo il gravame proposto dal Berloco, e condannandolo al pagamento delle spese processuali in favore del Collegio e del Ministero, ha considerato:
– che non si era verificata violazione del contraddittorio in primo grado, per effetto della rimessione della causa al collegio nonostante la dichiarazione di adesione a sciopero degli avvocati resa dal difensore dell’attore all’udienza di precisazione delle conclusioni, non essendosi determinato alcun concreto impedimento all’esercizio di facoltà difensive;
– che comunque tale violazione non avrebbe implicato la riapertura del giudizio dinanzi al Tribunale, non ricorrendo alcuna delle ipotesi contemplate dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ.;
– che l’appellante non era destinatario dell’iscrizione del Collegio Capranica nel registro delle persone giuridiche, la quale integrava un provvedimento di volontaria giurisdizione, con funzione di pubblicità dichiarativa, eventualmente reclamabile ex artt. 737 e segg. cod. proc. civ., e, quindi, non era legittimato ad impugnarla, in quanto portatore di un mero interesse di fatto, non tutelabile in giudizio;
– che in ogni caso il giudice ordinario non poteva sindacare l’atto amministrativo.
Cosmo Berloco, con ricorso notificato il 7 marzo 2000, ha chiesto, formulando cinque motivi, la cassazione della sentenza della Corte d’appello, rispettivamente addebitandole:
– di aver erroneamente escluso il determinarsi di lesione del diritto di difesa a seguito dell’omesso rinvio dell’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado;
– di non aver rilevato che tale lesione imponeva di rimettere la causa davanti al Tribunale, in applicazione dell’art. 353 cod. proc. civ.;
– di aver indebitamente negato la giurisdizione del giudice ordinario, trascurando che la domanda era rivolta a far valere il diritto all’eredità, pregiudicato da atti della pubblica amministrazione di tipo meramente ricognitivo;
– di aver fatto improprio riferimento agli artt. 737 e segg. cod. proc. civ., in assenza di eccezioni sull’ammissibilità della domanda;
– di aver illegittimamente pronunciato condanna alle spese anche nel rapporto con il Ministero, il quale non aveva avanzato dubbi sulla giurisdizione.
L’Almo Collegio Capranica ha replicato con controricorso.
Il Ministero dell’interno ha depositato “atto di costituzione”, partecipando poi all’odierna discussione.
Ricorrente e resistente hanno presentato memorie.

Diritto

Il ricorso, sulla questione pregiudiziale della giurisdizione, è fondato.
Nella disciplina degli artt. 1, 5 e 6 della legge 20 maggio 1985 n. 222, sugli enti e beni ecclesiastici in Italia, e 15 del d.P.R. 13 febbraio 1987 n. 33, regolamento di esecuzione di detta legge, l’iscrizione nell’apposito registro delle persone giuridiche è prevista per gli enti ecclesiastici già riconosciuti, o che ottengano il riconoscimento con decreto del Presidente della Repubblica, e per gli enti ecclesiastici che producano un attestato del Ministro dell’interno, dal quale risulti il possesso della personalità giuridica civile in epoca anteriore al 7 giugno 1929 (quinto comma di detto art. 15).
Tale attestato deve indicare gli elementi che dimostrino quel possesso, deve dare notizia dell’assenso dell’autorità ecclesiastica, ed inoltre escludere la sopravvenienza di cause estintive della personalità (sesto comma dello stesso art. 15).
L’atto ministeriale, secondo il contenuto e lo scopo contemplati da detta normativa, non esprime apprezzamenti d’opportunità, nè valutazioni circa la compatibilità della richiesta dell’interessato con esigenze di ordine generale, ma si esaurisce nella certificazione di fatti giuridicamente rilevanti, e, dunque, in piena sintonia con la denominazione di attestato, ha consistenza esclusivamente ricognitiva.
L’atto medesimo, e, correlativamente, l’iscrizione nel registro (che segue come adempimento dovuto) non integrano pertanto esercizio di potestà amministrativa di carattere autoritativo o discrezionale e sono radicalmente privi d’idoneità a degradare od affievolire le posizioni di diritto soggettivo dell’ente istante o di terzi.
Ne discende che il dibattito sulla validità ed efficacia di detto attestato e di detta iscrizione, ove insorga nell’ambito di una controversia su posizioni di diritto soggettivo, quali sono quelle che riguardano lo status di ente ecclesiastico nell’ordinamento nazionale e la sua attitudine a rendersi beneficiario di disposizione testamentaria nel conflitto con l’erede legittimo, non tocca la giurisdizione del giudice ordinario, istituzionalmente preposto, in carenza di espressa deroga, alla tutela giudiziale dei diritti (cfr. Cass. s.u. 19 giugno 2000 n. 449, con riferimento alla similare ipotesi in cui si discuta su iscrizione in registri anagrafici, parimenti connotata da atti amministrativi di tipo vincolato, non discrezionale).
La circostanza che l’attestazione e l’iscrizione in discorso siano contestate da un terzo, il cui diritto sia condizionato al diniego della qualità dell’ente ecclesiastico di persona giuridica, e la circostanza che detto terzo formuli richiesta di annullamento degli indicati atti possono eventualmente porre quesiti sulla legittimazione alla domanda, le modalità e la sede della sua proposizione, ovvero i limiti entro i quali il giudice ordinario, nel tutelare la posizione di diritto soggettivo addotta in causa, può pronunciare nel rapporto con la pubblica amministrazione.
La relativa problematica è potenzialmente incidente sulla proponibilità ed il fondamento nel merito della domanda, di modo che non interferisce sulla giurisdizione, e resta affidata al giudice di essa munito in base alla natura della posizione allegata (cfr. Cass. s.u. 1 giugno 2000 n. 384, 26 ottobre 2000 n. 1136).
In conclusione, si deve affermare che la domanda proposta dall’erede legittimo, contro l’ente ecclesiastico nominato erede testamentario e contro il Ministero dell’interno, per contestare gli atti in forza dei quali tale ente ha ottenuto lo stato di persona giuridica e la connessa capacità a succedere, riguarda diritti soggettivi, in ragione del carattere vincolato e non discrezionale di detti atti, e spetta di conseguenza alla cognizione del giudice ordinario, rimanendo influenti ai fini del merito le questioni inerenti ai modi ed ai limiti in cui tale giudice può statuire sulla legittimità degli atti medesimi.
È opportuno aggiungere che i contendenti non chiariscono se l’operatività della disposizione testamentaria in favore del Collegio Capranica sia già stata oggetto di decisione nella precedente controversia; il verificarsi di tale eventualità non rifluirebbe sulla giurisdizione, potendo in ipotesi comportare una pronuncia nel merito che tenga conto dell’esito dell’altra causa, secondo le regole in tema di giudicato esterno.
Il principio sopra enunciato comporta l’accoglimento del terzo motivo del ricorso, con l’assorbimento delle altre censure, e richiede, ai sensi dell’art. 382 cod. proc. civ., previa affermazione della giurisdizione del giudice ordinario e cassazione della sentenza impugnata (con connessa caducazione pure della pronuncia di primo grado), il rinvio della causa ad altra Sezione del Tribunale di Roma, il quale provvederà anche sulle spese di questa fase processuale.

P.Q.M

La Corte, a sezioni unite, accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, afferma la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa ad altra Sezione del Tribunale di Roma, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione, il 22 marzo 2001.