Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 23 Febbraio 2004

Ordinanza 29 ottobre 1997

Tribunale di Palermo. Ordinanza 29 ottobre 1997.

(omissis).

Frittitta Mario. Al Frittitta, sacerdote presso la chiesa di Santa Maria alla Kalsa, vengono contestati dal p.m. i reati di favoreggiamento aggravato specificati in epigrafe ai capi f) e g).

In realtà, si tratta di tre diverse contestazioni, che dovranno essere esaminate, conseguentemente, separatamente, in particolare, consistenti:

1) nell’avere aiutato Aglieri Pietro a sottrarsi alle ricerche dell’autorità (capo f);

2) nell’avere aiutato Corso Gioacchino ad eludere le investigazioni dell’autorità (capo f);

3) nell’avere aiutato Garofalo Giovanni a sottrarsi alle ricerche ed alle investigazioni dell’autorità (capo g.).

1. – Favoreggiamento nei confronti di Aglieri Pietro. Quanto a tale prima contestazione la fonte di prova è costituita, innanzitutto, dal racconto fatto da Corso Gioacchino in occasione di alcune conversazioni con Valguarnera Aurelio, con Corso Pietro e con Morriale Patrizia.

Corso Gioacchino, infatti, ha raccontato di avere egli stesso accompagnato il prete della Kalsa presso l’Aglieri (“. . . già due volte l’ho portato, la messa lì dentro lui la gli ha fatto pure l’altarino, tutte cose a tipo una chiesa, con i banchi della chiesa, tutto, lui arriva là e celebra la messa, dà la comunione, tutto, tutto . . .”).

Ora, non vi è dubbio che non può contestarsi al Frittitta di avere esercitato il proprio ministero di sacerdote anche nei confronti di Aglieri Pietro (essendo stato, peraltro, autorizzato il Frittitta dai suoi superiori, secondo quanto dallo stesso riferito alla squadra mobile), ma di averlo fatto con modalità tali da favorire il permanere dello stato di latitanza dell’Aglieri medesimo.

Il Frittitta si è prestato, infatti, non già a ricevere eventualmente l’Aglieri presso la parrocchia, ma a recarsi presso il luogo ove il latitante si nascondeva, procedendo anche a procurare “l’altarino, tutte cose a tipo una chiesa, con i banchi della chiesa” (che, come è noto, sono stati effettivamente rinvenuti al momento dell’arresto dell’Aglieri), così che il latitante medesimo potesse soddisfare le proprie esigenze religiose e spirituali senza allontanarsi dal suo rifugio e senza così doversi esporre mettendo a repentaglio la propria libertà.

Ora, è noto che la Suprema corte di cassazione ha costantemente affermato che deve ravvisarsi l’ipotesi del favoreggiamento personale in tutti i casi in cui venga prestata un’assistenza, anche professionale, in modo diverso da quello normale, che precluderebbe al latitante la possibilità di continuare a sottrarsi alle ricerche, e, quindi, in forme tali da consentire al medesimo latitante di attendere alle proprie esigenze senza esporsi all’attenzione dell’autorità di polizia.

Nella fattispecie, non vi è dubbio che il Frittitta, recandosi con tutte le cautele richiestegli presso il luogo nel quale l’Aglieri si nascondeva ed acccettando di esercitare il proprio ministero nel medesimo luogo in modo certamente inusuale, ha commesso il reato di favoreggiamento personale, dal momento che ha posto in essere una condotta chiaramente finalizzata, in concreto (al di là, eventualmente, del più nobile fine di pervenire alla conversione dell’Aglieri, di cui ha riferito l’indagato facendo cenno all’assenso dei suoi superiori), ad agevolare il latitante consentendogli di evitare di lasciare il proprio nascondiglio per recarsi in chiesa e di esporsi, conseguentemente, al rischio di essere sorpreso dall’autorità di polizia che lo ricercava.

Significativa, d’altra parte, appare la circostanza che i familiari dell’Aglieri abbiano meditato di rivolgersi al Frittitta al fine di convincere l’Aglieri medesimo a non pentirsi (v. intercettazione ambientale di una conversazione avvenuta in data 20 maggio 1997 ore 8,55 tra Corso Gioacchino e il padre Luigi).

D’altra parte, la finalità chiaramente favoreggiatrice del Frittitta emerge con tutta evidenza anche dalla sua condotta successiva all’arresto dell’Aglieri e, in particolare, dalle dichiarazioni dal medesimo Frittitta rese alla squadra mobile che manifestano più chiaramente, come si vedrà, la complessiva finalità della condotta dell’indagato in esame, laddove emerge assolutamente inequivoca la specifica finalità di aiutare anche Corso Gioacchino, responsabile del reato di associazione mafiosa, a sottrarsi alle investigazioni dell’autorità.

2. – Il favoggiamento nei confronti di Corso Gioacchino. Le risultanze delle intercettazioni ambientali effettuate non consentono di nutrire il benché minimo dubbio sul fatto che il Frittitta ben conosce Corso Gioacchino, con il quale si è incontrato anche in occasioni diverse da quelle in cui il medesimo Corso lo aveva accompagnato presso l’Aglieri.

Anzi, emerge dalle intercettazioni ambientali del 19 e 20 giugno 1997 che il Frittitta e il Corso, direttamente o indirettamente, hanno avuto contatti anche immediatamente prima e immediatamente dopo la presentazione del parroco presso la squadra mobile di Palermo.

Ciò nonostante, il Frittitta, non soltanto ha negato di conoscere la persona che lo aveva accompagnato presso l’Aglieri, ma si è premurato di informare subito il Corso del contenuto delle dichiarazioni da lui rese alla squadra mobile.

Invero, emerge dalla registrazione ambientale effettuata in data 19 giugno 1997 che Corso Gioacchino, dopo la diffusione delle notizie in ordine al non meglio individuato parroco in rapporti con l’Aglieri, si è premurato di contattare il medesimo parroco da lui ben conosciuto (appunto il Frittitta) per suggerirgli le risposte da dare alla polizia giudiziaria al fine di evitare l’individuazione dello stesso Corso quale soggetto che aveva accompagnato il parroco presso l’Aglieri (“. . . gli va a dire: io ho celebrato la messa là, che cosa volete. . . È uno che si doveva redimere e noi abbiamo l’obbligo di andare ad inseguire le pecorelle smarrite . . . deve fare questo tipo di discorso, e gli ho detto: e si deve andare a presentare. Sicuramente gli chiederanno, ma lei ci andava solo? Ci andava accompagnato? E lui gli deve dichiarare: siccome la famiglia sono molto religiosi e venivano da me, mi hanno chiesto questa cortesia la mamma, cosi gli deve dire. ..”).

Ebbene, seppure con modalità non del tutto coincidenti con quelle suggerite dal Corso (e, d’altra parte, per l’indagato sarebbe stato rischioso fare riferimento ad una richiesta della madre dell’Aglieri che certamente, poi, sarebbe stata interrogata sul punto), il Frittitta, effettivamente, presentandosi presso la squadra mobile per rendere spontanee dichiarazioni testimoniali, ha tenuto una condotta sicuramente reticente, astenendosi dal riferire notizie essenziali per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione dei responsabili all’evidente fine di consentire al detto Corso di eludere le investigazioni dell’autorità.

Inoltre, come si è detto, il Frittitta ha anche immediatamente informato il Corso in ordine al contenuto delle sue dichiarazioni, così come è dato evincere dalla medesima intercettazione ambientale sopra citata.

Il Corso, infatti, già il giorno successivo 19 giugno 1997, racconta a Morriale Patrizia che il giorno precedente il Frittitta aveva telefonato a Savina, il capo della squadra mobile e si era, quindi, presentato, ammettendo di avere celebrato la messa per l’Aglieri, ma negando, nel contempo, di conoscere la persona che lo aveva accompagnato.

Il Corso, poi, nella stessa conversazione (si ripete, avvenuto appena il giorno successivo alla presentazione del Frittitta), mostra di essere a conoscenza delle esatte parole utilizzate dal parroco per descrivere la persona che lo aveva accompagnato, e ciò ad ulteriore riprova del fatto che l’indagato in questione si è immediatamente premurato di informare il Corso (se non direttamente, per probabili ragioni di cautela, forse tramite un certo Salvatore, secondo quanto risulta dall’intrecettazione) in ordine alle dichiarazioni rese alla squadra mobile.

Tale condotta, oltre ad integrare pacificamente l’ipotesi criminosa del favoreggiamento personale verso il Corso, è indicativa delle complessive finalità dell’approccio del Frittitta nei confronti dell’Aglieri e dei suoi più stretti accoliti, manifestando, casi, anche sotto il profilo dell’elemento psicologico la sussistenza del favoreggiamento personale, di cui prima si è detto, già verso l’Aglieri.

Va precisato, peraltro, che, se le dichiarazioni concernenti i rapporti con l’Aglieri avrebbero potuto avere un possibile effetto di autoincolpazione (e in tale contesto possono, in ogni caso, ritenersi prive di effetto penale le dichiarazioni che circoscrivono i rapporti con il detto latitante), le dichiarazioni del Frittitta concernenti il Corso erano, invece, sicuramente irrilevanti rispetto ad una eventuale condotta criminosa di favoreggiamento dell’Aglieri, così che per queste l’indagato (a prescindere dalla considerazione che le stesse sono state rese spontaneamente a seguito di presentazione sollecitata dall’interessato) non poteva rivestire altro ruolo che quello di testimone sul quale incombeva l’obbligo di riferire all’autorità tutti i fatti di sua conoscenza utili per l’esatta ricostruzione dei fatti medesimi e per l’individuazione dei responsabili.

Sotto tale profilo, dunque, appaiono ravvisabili nella condotta del Frittitta, così come contestato dal p.m. pur nell’unitarietà del capo di imputazione sub f), sia il reato di favoreggiamento personale per avere aiutato il latitante Aglieri a sottrarsi alle ricerche dell’autorità di cui si è detto sopra sub 1), sia il reato di favoreggiamento personale per avere aiutato, poi, Corso Gioacchino, rendendo reticenti dichiarazioni alla squadra mobile ed informandolo del contenuto delle stesse, ad eludere le investigazioni.

(omissis)