Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 20 Febbraio 2004

Ordinanza 15 gennaio 1996, n.287

Tribunale Civile di Salerno. Ordinanza 15 gennaio 1996, n. 287.

(Palumbo; Libero)

(omissis)

Osserva in diritto

Nel nostro ordinamento l’attribuzione del cognome è ordinariamente conseguente al possesso di uno status familiare, per cui quando l’art. 6 c.c. dispone: “Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito” non rinvia a norme che disciplinano direttamente l’acquisto del nome, bensì a norme che regolano in genere il riconoscimento di uno status (e cioè prendono in esame tutte le possibili vicende in tema di filiazione legittima, naturale, legittimazione e adozione) e quindi, indirettamente, l’assunzione del nome.

Tra i diritti che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana l’art. 2 della Costituzione riconosce e garantisce anche il diritto all’identità personale.

Si tratta del diritto di essere sé stesso, inteso come rispetto dell’immagine di partecipare alla vita associata, con acquisizioni di idee ed esperienze, con le convinzioni ideologiche, religiose, morali e sociali che differenziano, ed al tempo stesso qualificano, l’individuo.

L’identità personale costituisce un bene per sé medesima, indipendentemente dalla condizione personale e sociale, dai pregi e dai difetti del soggetto, di guisa che a ciascuno è riconosciuto il diritto a che la sua individualità sia preservata.

(omissis)

Sulla base delle suesposte riflessioni la Corte costituzionale, con sentenza 3 febbraio 1994 n. 13 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 2 Cost., l’art. 165 cit. r.d. 9 luglio 1939 n. 1238 (ordinamento dello stato civile) nella parte in cui non prevede che, quando la rettifica degli atti dello stato civile, intervenuta per ragioni indipendenti dal soggetto cui si riferisce, comporti il cambiamento del cognome il soggetto stesso possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere il cognome originariamente attribuitogli ove questo sia ormai da ritenersi segno distintivo della sua identità personale.

Osserva il Collegio che la fattispecie de qua non sia sostanzialmente dissimile, quanto alla ratio ispiratrice, a quella dinanzi esaminata poiché pure nel caso di specie a seguito di un atto unilaterale disposto da Pizzuti Luisa ed avente ad oggetto il riconoscimento, per la propria figlia, della ricorrente Libero Luciana, quest’ultima, ex art. 262 c.c. ha assunto il cognome del genitore che per primo la ha riconosciuta. Né può condurre a diverso avviso la partecipazione della stessa all’atto di riconoscimento del 25 novembre 1994 ex artt. 250 e 273 c.c. atteso che i valori in questione appaiono incomparabili tra loro in quanto il diritto al riconoscimento del proprio status di figlio non può subire influenze di sorta e, pertanto, non può logicamente essere condizionato dall’esigenza di mantenere il cognome nelle more acquisito (incongruenza che, allo stato, l’ordinamento provoca). Ne discende la non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalità del citato art. 262 c.c. nei termini della già rilavata illegittimità dell’art. 163 r.d. 1939/1238 sostanzialmente analoghe apparendo la fattispecie di guisa che nell’ipotesi affermativa, la ricorrente non troverebbe ostacolo a vedersi riconoscere l’aggiunta del cognome acquisito a quello proprio anche in caso di riconoscimento successivo effettuato dal genitore naturale.

P.Q.M.

Visti gli artt. 134 e segg. della Costituzione e l’art. 262 c.c.;

Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinché si pronunci sulla legittimità dell’art. 262 codice civile in relazione all’art. 2 della Costituzione nei sensi di cui alla parte motiva.